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Natura del silenzio della P.A. a fronte di istanza di accesso civico generalizzato

T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 22 gennaio 2024, n. 43 – Pres. Massari, Est. Rossetti

Sulla natura da attribuire al silenzio dell’amministrazione a fronte dell’istanza di accesso civico generalizzato, l’opinione maggioritaria ritiene che non possa essere qualificato quale silenzio provvedimentale, in assenza di un’espressa disposizione di legge che attribuisca tale valore a quel contegno. Il nodo processuale, però, è se a fronte di quel silenzio, il privato debba agire con il rito ex art. 116 c.p.a., ovvero con il rito di cui all’art. 117 c.p.a. Sul punto non può non rilevarsi come recentissimi arresti giurisprudenziali ritengano utilizzabile il rito disciplinato dall’art.116 c.p.a. anche in materia di F.O.I.A. Una tale opzione ermeneutica trova un robusto sostegno normativo proprio nel comma 1 di quest’ultima disposizione, laddove prevede che “contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi”. Il chiaro tenore letterale dell’articolato normativo, rende applicabile il rito dell’accesso anche alle ipotesi nelle quali sussiste una forma di inerzia non qualificata, a fronte di istanze di accesso civico avanzate ai sensi dell’art. 5 D.lgs. 33/2013. Una tale conclusione, del resto, trova conferma anche nella stessa natura del giudizio, di carattere evidentemente impugnatorio, nella fase di proposizione del ricorso, ma di sostanziale accertamento del titolo all’accesso, con riguardo alla specifica situazione concreta e alla luce dei parametri normativi invocati. Di talché, quanto sopra rilevato, evidentemente, consentirebbe al Collegio di convertire l’azione ai sensi dell’art. 32 comma 2 c.p.a., ordinando, per tale via, all’amministrazione di provvedere all’ostensione, ai sensi dell’art. 31 comma 3 c.p.a., trattandosi di attività strettamente vincolata.

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