T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 30 maggio 2023, n. 485 – Pres. Gabbricci, Est. Pavia
Il nesso di causalità tra l’azione (od omissione) del soggetto ritenuto responsabile e la contaminazione va accertato sulla base del canone civilistico del «più probabile che non», secondo il quale per affermare il legame causale non è necessario raggiungere un livello di probabilità prossimo alla certezza, bensì è sufficiente dimostrare un grado di probabilità maggiore della opposta possibilità, sia pure basandosi su elementi indiziari, con la precisazione che il soggetto individuato come responsabile dell'inquinamento, sulla base di un attendibile ragionamento presuntivo formulato nei termini sopra indicati, non può limitarsi a ventilare genericamente il dubbio circa una possibile responsabilità di terzi, ma deve, a sua volta, fornire specifiche prove idonee a dimostrare la reale dinamica degli avvenimenti ed indicare a quale altra specifica impresa debba addebitarsi la contaminazione. Inoltre, si consideri che il responsabile dell'inquinamento va individuato, non solo nel soggetto che procede materialmente allo sversamento delle sostanze nocive, ma anche nei confronti di tutti quei soggetti che abbiano, in tutto o in parte, generato la contaminazione anche per il tramite di un comportamento omissivo, purché legato all'inquinamento da un preciso nesso di causalità. Si è, altresì, sostenuto che l'imputazione dell'inquinamento ad un determinato soggetto può avvenire sia per condotte attive che per condotte omissive e, ancora, che la relativa prova può essere data in forma diretta o indiretta.
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